Michele Mea, volontario Associazione Speranza
Questa volta nel raccontare un po' il vissuto associativo, non parlerò delle attività, che pure sono tante, ma di quattro incontri, che stiamo seguendo a cadenza mensile.
Sono guidati da Padre Ernesto Vavassori. Quattro incontri dal titolo “Diventare umani”. Ascolto, responsabilità, compassione e passione. Quattro parole per aiutarci a guardarci dentro e interrogarci su chi siamo e chi siamo diventati. Ogni incontro è preceduto da una lettura scenica, eseguita dal gruppo Tante tinte. Un gruppo di amici dell'associazione, soprattutto stranieri, con i quali si sta portando avanti un percorso di accoglienza e di amicizia. Di seguito riporto, come stimolo alla riflessione, il testo della prima lettura.
“Ascolto”
Il bambino segue la favola con tutto il suo corpo, sembra ascoltare con gli occhi, con i capelli, nella tensione esagerata dei suoi sensi, una, due, cento volte, sempre la stessa, mai stanco di sentire, pur sapendo benissimo come si concluderà! Dall’ascolto delle parole, lui imparerà a parlare! Solo se c’è stato qualcuno che gli ha donato parole, potrà a sua volta donare parole!
Ma noi ci troviamo immersi in un mondo in cui siamo bombardati da milioni di stimoli: troppe immagini - troppa luce - troppe parole - e restiamo storditi - frastornati - confusi - disorientati - come davanti a una strada che si apre in mille sentieri. Viviamo in un tempo che ci assorda e siamo la rumorosa società dei sordi.
Sfrecciamo nel nostro tempo convinti che fermarsi ad ascoltare - sostare - sia tempo perso! Già! Tempo perso! “Perdere tempo”! Questo pensiero ci spiazza - ci sposta dal centro che siamo diventati, ci fa diventare periferia e questo non lo tolleriamo, perché nel centro ci deve essere sempre il mio “io”: “io” che mi agito - “io” che parlo - “io” che sembro chissà chi!
Ma solo ed esclusivamente attraverso l’ascolto può stabilirsi un legame, solo il vero ascolto - che mi chiede di arretrare e di mettermi da parte per farmi trovare dall’altro può stabilire un contatto - una connessione con la vita vera.
Saper ascoltare non è solo uno sterile esercizio per ottenere una migliore comunicazione, ma piuttosto una forza che mi modifica - mi trasforma. Ascoltare! Strumento delicato per disincagliare e lasciar riaffiorare le radici della bellezza. Una bellezza che non divide e non discrimina, che non appartiene a un’idea del bello separato dal brutto. Uno sguardo che restituisce!
Si! È cosa viva il tacere e prestare orecchio. Ci sveglia dal sonno nel quale siamo di solito immersi, fa risaltare e brillare i dettagli che trascuriamo e perdiamo non sapendo che sono proprio quelli, i miracoli della vita! Re-impariamo ad ascoltare!
Riappropriamoci di questo senso - sopraffatto dal rumore - distratto dalle troppe parole, inceppato dalla presunzione di sapere già tutto e di avere per tutto una risposta. Come il bambino che, in quel tempo interrotto, sospeso, incerto dell’ascolto sa che tutto può succedere e accetta il brivido dell’inaspettato!
«L’arte più difficile è questa: creare un cerchio grande grande, mettersi ai margini, e mettere l’altro al centro. Fargli posto e dargli spazio. E ascoltare. Ascoltare tutto quello che dice e ascoltarlo anche quando tace. Soprattutto quando tace» (Fabrizio Caramagna).
«E io, minimo essere, - ebbro del grande vuoto costellato a somiglianza, a immagine del mistero - mi sentii parte pura dell’abisso - nuotai insieme alle stelle, e il mio cuore si distese nel vento» (Pablo Neruda).