Il carpentiere di Nazareth

suor Rosalba Scaturro, Chambéry
San Giuseppe, il silenzioso carpentiere di NazarethFiglio del falegname. Così veniva appellato Gesù dai suoi contemporanei. Non era certo un termine dispregiativo perché il falegname era un artigiano.

Uno come lo è oggi, che crea e che perciò richiama il fare Dio, l’opera del Creatore. Secondo lo stile proprio di Dio, il Figlio non si fa figlio di uno scriba, ma di un semplice artigiano capace, però, con il lavoro quotidiano di collaborare alla Creazione. Anche Giuseppe, e con lui ogni lavoratore e lavoratrice di tutti i tempi, lavorando ha collaborato a “coltivare e custodire” il Creato - nostra Casa Comune, e l’armonia nella creazione. Se vogliamo conoscere meglio San Giuseppe, dobbiamo guardare a Gesù, perché senz’altro il Figlio di Dio ha imparato tantissimo dal silenzioso carpentiere di Nazareth.
Trent’anni della sua vita, Gesù, li ha trascorsi a Nazareth, certamente anche nella bottega di Giuseppe. Il lavoro, necessario e indispensabile per portare avanti la famiglia, diventava luogo ordinario di comunione con Dio, di ascolto di sé stessi, di relazioni cordiali con gli altri. Una palestra insomma, che insegnava ad integrare piuttosto che a dividere, a vivere la mistica piuttosto che a separare il lavoro dalla spiritualità. Gesù tutto questo lo ha imparato da un uomo giusto, da Giuseppe, e per il fatto che a sua volta ha scelto di mangiare con il lavoro delle sue mani, ha reso il nostro lavorare come linfa che unisce il tralcio alla vite e noi piccoli strumenti a Dio. Il lavoro è, perciò, anche spazio di discernimento non tanto di chi si vuole seguire quanto piuttosto di come lo si desidera fare.