Siamo venuti

di Angelo Fracchia
Uno dei contesti più diffusi in tutta l'umanità è quello del gruppo.

Qui siamo accolti e protetti. Da soli non viviamo e, quando siamo inseriti in ambienti umani numerosi, ci selezioniamo amici più simili, tra cui essere più al caldo, più conosciuti, più capiti. E questi gruppi li difendiamo con passione e cura, ne siamo gelosi al punto da faticare ad ammettere che vi entri chi arriva da fuori, anche se con buone intenzioni. E facilmente accusiamo questi forestieri di non averci capiti bene, di non cogliere davvero che cosa questo gruppo sia. Spesso, tra l'altro, è facile che davvero abbiano frainteso.
I vangeli, però, che parlano di un Gesù che fa una cosa simile (raccoglie i suoi discepoli in un gruppo ristretto e originale), dicono anche che per lui il gruppo deve restare aperto: «"C'era uno che scacciava i demoni in nome tuo, ma non era dei nostri e glielo abbiamo impedito". "Avete fatto male"» (Lc 9,49-50).
Matteo è un vangelo scritto per i cristiani che vengono dall'ebraismo, che forse più di altri potevano essere tentati da questa idea del gruppo chiuso. E proprio all'inizio del vangelo, Matteo inserisce l'episodio dei magi, che vengono da lontano, seguendo una stella, per onorare il re dei giudei. Potevano davvero aver capito di che regalità si trattava? Che c'entrano loro con i giudei? Quando mai per gli ebrei le stelle sono importanti e vanno seguite? Che siano degli incompetenti è dimostrato anche dal fatto che vanno a chiedere informazioni a Erode, che poi proverà a uccidere Gesù.
Queste sono alcune delle obiezioni che oggi muoveremmo, da dentro i nostri gruppi, ai magi. Eppure Dio si lascia trovare, li guida, si fa accogliere. Se anche hanno qualche idea religiosa un po' sbagliata, non è un problema. L'importante è l'incontro: e Dio si fa incontrare.
Epifania del Signore, anno B Si può leggere il vangelo secondo Matteo 2,1-12