L’amore si spezza per l’amato

di Paolo Scquizzato
L'amore si spezza per l'amato«Prendete, questo è il mio corpo… Questo è il mio sangue». L’amore si spezza per l’amato. Si fa dono senza ‘se’ e senza ‘ma’.

Non domanda ‘carta d’identità’, o ‘fedina penale’. In Giovanni, l’unico discepolo che si ‘comunica’ al pane spezzato è Giuda, il traditore. (cfr. Gv 13, 26).

La comunione eucaristica non è il premio dei buoni, la ricompensa dei puri, la palma per i vincitori. È il farmaco per i malati, il balsamo dei feriti.
“Signore non son degno di partecipare alla tua mensa…” si recita prima di ricevere il pane: appunto perché non degni possiamo accostarmi a quel dono. Ci reputassimo tali non dovremmo neanche alzarci in piedi e incamminarci verso il ‘medico’, dato che lui è venuto solo per malati e non per i sani (cfr. Mt 9, 12).
Gesù dice che il pane e vino sono ‘segno’ dell’Alleanza, ossia di un’unione speciale tra lui e i suoi. Nutrirsi del pane eucaristico significa impegnarci a vivere con uno stile di vita ‘altro’, improntato a quello di Gesù di Nazareth. È in fondo un atto di responsabilità. Mi impegno a spezzarmi per chi mi sta accanto; a versare il mio sangue perché il bene e la giustizia possano essere affermate in ogni situazione, soprattutto a favore dei più poveri ed esclusi.
La comunione con lui, è comunione con gli altri. Due facce della medesima medaglia (cfr. Mt 25, 40).
Il ‘fare la Comunione’, non significa accrescere la propria devozione personale; non è portare Gesù nel cuore per un intimismo lacrimogeno. È accettare di fare comunione con tutti i poveri cristi che incontro, a partire dal primo che sono io.

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