Accogliere lo straniero [2]

Maria Giovanna Titone, Chambéry
Accogliere lo straniero

Spesso mi sono trovata a interrogarmi su cosa significhi vivere l’annuncio del Vangelo all’interno del dormitorio «Buon Samaritano»,...

in cui occorre risolutezza, attenzione al particolare e visione di insieme, cura delle relazioni con le istituzioni pubbliche, conoscenza del territorio e delle sue risorse, consapevolezza dei propri limiti, personali e dell’accoglienza stessa, senza farsi prendere da “manie da salvatori” né dallo scoraggiamento. Ci troviamo infatti a dover fare anche scelte difficili, come quelle di allontanare alcune persone davanti ad atti di aggressione o gravi violazioni del regolamento interno o a dire dei “no” all’accoglienza, riconoscendo di non essere all’altezza di affrontare i disagi che i nostri ospiti vivono. E in effetti non compete a noi - piccola struttura di accoglienza fondata ormai più di vent’anni fa da don Ugo Salvatori, che è stato presbitero dell’arcidiocesi di Ravenna-Cervia, e portata avanti da volontari - farci carico da soli del dramma di queste persone.
Le amministrazioni con cui proviamo a fare rete spesso finiscono con l’appoggiarsi a realtà come la nostra per rispondere in via emergenziale a situazioni che dovrebbero essere riconosciute come diritti. È noto che manchino le risorse economiche e il personale per seguire i casi; mancano le strutture adeguate per accogliere persone con necessità sanitarie e abitative. Sono troppo lunghi e incerti i tempi della burocrazia per regolarizzare la presenza degli immigrati in Italia. Proprio per tutte queste ragioni non basta dare un letto e una doccia, sebbene questo per le persone che accogliamo sia già quanto gli è necessario per togliersi dalla strada e dalla disperazione. Continua... [3]