Angelo Fracchia, biblista - Cuneo
All’inizio della nostra Quaresima il vangelo ci mette di fronte a un Gesù che, fosse anche senza pensarci, ci insegna il modo migliore per vivere questo tempo.
Che cosa sono questi giorni che precedono la Pasqua? Il tempo dei fioretti, dei sacrifici, l’occasione di qualche rinuncia, di qualche tempo di preghiera e di raccoglimento in più? E tutto ciò a che cosa serve? A dare il buon esempio ad altri? A far vedere che siamo buone persone che pregano e digiunano? A depurarci in vista dell’estate?
Che cosa penseremmo di un amico che ci invitasse a prendere un caffè e poi si mettesse nel posto più in vista di un bar, parlando ad alta voce e guardandosi intorno? Se fossimo un personaggio importante, sapremmo già che a importargli non è l’incontro con noi, ma il far vedere che è nostro amico, per vantarsene, e questo ce lo renderebbe subito antipatico. Non ci siamo cascati anche noi? Quando si parla in giro di qualcuno che diventa noto, cerchiamo di far notare che anche noi siamo in relazione con quella persona, che la conosciamo, che siamo amici su qualche social… Quanto più invece siamo intimi e amici veri, tanto meno è probabile che ostentiamo il rapporto.
Gesù richiama a questo: la comunione con Dio può fare bene a noi, non alla nostra visibilità sociale. Come con un amico, passare del tempo in più con lui, anche solo una volta all’anno, fa bene a noi.
E quel tempo è tanto più prezioso e bello quanto più possiamo stare in intimità con lui, senza essere disturbati dalla folla. E se per poter fare qualche parola in più, dovessimo saltare un pasto o sobbarcarci qualche chilometro in auto o a piedi, ci sembrerà un “sacrificio” piacevole, non avremo bisogno di vantarcene in giro.
Ecco che cosa ci suggerisce Gesù: tratta Dio come un amico, come vuole essere trattato lui, non come una celebrità di cui vantare l’amicizia. E lui ti tratterà da amico.