suor Rosalba Scaturro, Chambéry
Caro padre Médaille, auguri, buon compleanno! Ti penso felice e sereno, perché, nonostante il mondo in questi giorni sembri andare a rotoli...
sai meglio di noi che è il Buon Dio a guidare la Storia. Certo, «siamo infatti tribolati da ogni parte, ma non schiacciati» (cfr. 2Cor4,8). E anche le nostre piccole preoccupazioni, lo so, ti fanno un po' sorridere. In fondo, anch'io se mi fermo a pensarci mi ricordo che la chiave di tutto sta nell'abbandono fiducioso nella mani della Provvidenza. Ti avranno certamente già detto che noi, tue figlie, cresciamo in età; che il nostro numero si riduce sempre più; che abbiamo strutture enormi e semi vuote. È come se ci stessimo ritirando dal mondo senza volerlo. In questi ultimi anni ci siamo fatte tante domande, abbiamo formulato diversi perché, e pretenderemmo di avere in pugno la risposta. Abbiamo attribuito all'imborghesimento la causa dei nostri mali. È vero, bisogna sempre mettersi in discussione e non fidarsi troppo di sé stessi, lo ricordo bene. Ma basta guardarsi attorno per constatate che il declino vocazionale è dato da una perdita dei valori. La cultura che respiriamo sostanzialmente ha rimesso in discussione così tante cose da far perdere l'orientamento.
Sai, invece, a quale riflessione sono approdata in questi ultimi giorni? Credo che il declino che stiamo vivendo in realtà sia un'occasione splendida per ravvivare l'unità e rinsaldare legami. Come potremmo attraversare la tempesta se non in cordata? Sì, quell'unità di cui tante e troppe volte ci riempiamo la bocca ha la possibilità di farsi tangibile attraverso la cooperazione e la corresponsabilità. Perché, come ci ricorda da qualche tempo papa Francesco - che senza meno apprezzerai - siamo tutti interconnessi. Qualunque scelta facciamo ha delle ripercussioni sugli altri. Ora e finalmente, amato padre Médaille, stiamo diventando consapevoli che il non bastare più a sé stessi, non solo ci obbliga a farci prossimi gli uni gli altri, ma ci apre alla dimensione dell'essenzialità della nostra presenza.
Non potendo essere ovunque, e dovendo fare una scelta, ci chiediamo dov'è più necessaria la nostra presenza. Dov'è necessaria la nostra luce? Come una lampada che accesa viene messa in alto per fare luce a quanti entrano nella casa, così la vita consacrata è chiamata ad essere una luce fra i marginati e marginalizzati, gli ultimi della fila. Questi fratelli e sorelle stanno al buio, sono un membro che soffre, perciò soffre tutto il corpo. Prendendoci cura di loro anche l'umanità ne guadagna pace e salvezza.
Pensavo di scriverti soltanto un messaggino ma, come vedi, ancora il Piccolo Disegno mi infiamma. La tua eredità è più viva che mai e spero, assieme alle mie consorelle, di farti onore. Sempre e infinitamente grazie per il tuo sì coraggioso, che ha cambiato tante vite e anche un po' il mondo!
Ad maiorem dei gloriam.